Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’autorità e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona
[…]
Aggravano il reato quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali le circostanze seguenti:
[…]
11-quinquies) l’avere, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale, contro la libertà personale nonché nel delitto di cui all’articolo 572, commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza.
Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.
La madre che cagiona la morte del proprio neonato [c.p. 314] immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quattro a dodici anni.
A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi.
Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni.
Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61.
Si applicano le disposizioni relative all’omicidio se il fatto è commesso:
1) contro una persona minore degli anni diciotto;
2) contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
3) contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.
Chiunque determina altrui al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.
Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell’articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d’intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all’omicidio.
Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo. […]
Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia.
Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582, cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni.
Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
[…]
Chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da due a sette anni.
[…]
Nel caso di cui all’articolo 589-bis, se il conducente si dà alla fuga, la pena e’ aumentata da un terzo a due terzi e comunque non può essere inferiore a cinque anni.
Sono frutti naturali quelli che provengono direttamente dalla cosa, vi concorra o no l’opera dell’uomo come i prodotti agricoli, la legna, i parti degli animali, i prodotti delle miniere, cave e torbiere.
[…]
Il fondo inferiore è soggetto a ricevere le acque che dal fondo più elevato scolano naturalmente, senza che sia intervenuta l’opera dell’uomo.
[…]
L’usufrutto è stabilito dalla legge o dalla volontà dell’uomo. Può anche acquistarsi per usucapione.
La servitù si estingue per prescrizione quando non se ne usa per venti anni. Il termine decorre dal giorno in cui si è cessato di esercitarla; ma, se si tratta di servitù negativa o di servitù per il cui esercizio non è necessario il fatto dell’uomo, il termine decorre dal giorno in cui si è verificato un fatto che ne ha impedito l’esercizio.
[…]
m-quater) delitto di omicidio colposo stradale previsto dall’articolo 589-bis, secondo e terzo comma, del codice penale. (10)
[…]
Il giudice ha l’obbligo di astenersi [c.p.c.73]:
1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;
2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado [c.c.74,76] o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori;
3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;
4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico;
5) se è tutore, curatore [c.c.346,392], amministratore di sostegno [c.c.404], procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un’associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa [c.c.39,2247].
In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad astenersi; quando l’astensione riguarda il capo dell’ufficio l’autorizzazione è chiesta al capo dell’ufficio superiore.
Questo articolo (51) del codice di procedura civile è illuminante per comprendere come, le conquiste femminili nel lavoro, possono essere depotenziate da un linguaggio che identifica le donne come ‘mogli’. Questo articolo in particolare sarebbe dovuto essere modificato nella sua scrittura a partire dal 9 febbraio del 1963, quando fu approvata la leggen.66 “Ammissione della donna ai pubblici uffici ed alle professioni”. Questa legge fu promulgata proprio per consentire l’accesso delle donne in magistratura. E questo articolo contrasta quella legge. Che paradosso!
Il linguaggio legislativo, in Italia, contrasta con lo spirito innovativo delle leggi che esso stesso Stato Italiano promulga. Si riverbera nella lingua corrente, si amplifica nei dizionari, si diffonde nella lingua corrente. Si riversa nella mancata considerazione sociale, economica, umana, delle donne.
Il testo interno sarà:
Altro riferimento normativo importante è il titolo, il preambolo e il comma 1 della legge 4 agosto 1955, n. 848.
http://www.privacy.it/archivio/legge1955848.html
“Ratifica della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”.
Si tratta di una legge ispirata alla Dichiarazione delle libertà fondamentali e dei diritti umani firmata a Parigi il 10 dicembre 1948. https://www.ohchr.org/EN/UDHR/Documents/UDHR_Translations/itn.pdf
I passaggi burocratici che hanno portato a questa ratifica sono passati attraverso un Consiglio d’Europa riunitosi nel 1950, nel 1952, per approdare infine alla ratifica italiana del 1955.
La tracotanza linguistica, androcentrica italiana, si spinge al punto di stravolgere completamente lo spirito della Dichiarazione delle libertà fondamentali e dei diritti umani. Nel preambolo della legge 4 agosto 1955, n. 848. Si scrive: «I Governi firmatari, Membri del Consiglio dell’Europa, considerata la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, proclamata dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948…»
In un attimo è stata fatta piazza pulita della battaglia che fu condotta dalle delegate soprattutto sudamericane, Frieda S.Lidiker, Amalia Ledon, Minerva Bernardino (per fare qualche nome), per imporre la dicitura diritti umani e non diritti dell’uomo nella Dichiarazione del 1948. Erroneamente si riporta, in web, la scrittrice indiana Halma Metha come propositrice della dicitura ‘diritti umani’.
Non è stato facile recuperare i lavori preparatori dell’Assemblea delle Nazioni Unite che portarono alla firma della Dichiarazione. Ringraziamo Maria Palma, della Biblioteca Parlamentare, che è riuscita a trovare e a fornirci tutti i riferimenti. https://research.un.org/fr/undhr
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